I "Palazzi di Genova" di Rubens e le architetture di Alessi.

Resumo

I Palazzi di Genova è un libro sotto molti aspetti duplice, quasi un libro che ne contiene due. Innanzitutto è il frutto di due edizioni, una prima del 1622, e una seconda in forma accresciuta. Inoltre il libro contiene due tipi di rappresentazione dei palazzi genovesi: un primo tipo più accurato, con molte piante, sezioni e prospetti, ma senza indicazioni sulla proprietà dei palazzi; un secondo meno accurato, ridotto spesso a un prospetto e a due piante, ma con i nomi dei proprietari.

I Palazzi di Genova è un libro complesso: inevitabilmente s’inserisce tra i trattati di architettura per argomento, ma si distingue da essi sia perché composto quasi esclusivamente di disegni, sia perché sono tutti disegni di edifici contemporanei e di un’unica città.

I Palazzi di Genova è un libro anomalo: innanzitutto è un libro di architettura realizzato da un pittore; inoltre usa unicamente proiezioni ortogonali senza che sia presente neppure una prospettiva; infine, seppure Peter Paul Rubens ne sia l’autore implicito, nel frontespizio non figurato compare solo il titolo senza che venga indicato l’autore. E mentre da un lato l’opera mostra interesse per l’architettura, dall’altro il tipo di architettura che vi viene rappresentata non sembra aver avuto influenza su Rubens.

Le particolarità dei Palazzi di Genova sono all’origine sia del fascino sia degli interrogativi che questo libro suscita. Il presente saggio parte dalla rilettura della bibliografia esistente per comprendere le acquisizioni consolidate e ipotizzare nuove strade di ricerca sulle questioni rimaste aperte[1]. Si concentra infine sui disegni preparatori della prima parte dell’opera, nei quali si propone di riconoscere idee architettoniche derivate dal lavoro di Galeazzo Alessi.