I SOCIAL NETWORK E LO SVILUPPO DELL’INTERLINGUA NELL’ACQUISIZIONE DI LINGUE AFFINI

SOCIAL NETWORKS AND INTERLANGUAGE DEVELOPMENT IN THE ACQUISITION OF RELATED LANGUAGES

Fabrizio Ruggeri

Universidad Complutense de Madrid

ORCID: 0000-0003-0615-4417

Recibido: 11-10-2021

Aceptado: 18-01-2022

https://dx.doi.org/10.12795/PH.2022.v36.i01.08

Resumen

La ricerca presentata in questo articolo riguarda le potenzialità dei social nei processi di acquisizione linguistica in lingua straniera. Lo studio, condotto in ambito universitario, intende verificare se l’uso di un social network possa avere effetti positivi su motivazione, partecipazione e coinvolgimento degli studenti, e se faccia diminuire gli errori lessicali in lingua target. Per verificare le ipotesi iniziali si sono analizzati e confrontati i contenuti lessicali dei corpora generati con i commenti a 21 post pubblicati su Facebook, di due gruppi di apprendenti: uno sperimentale (che aveva usato il social durante il corso) e l’altro di controllo (che non l’aveva usato in nessun momento). I risultati dimostrano una diminuzione degli errori lessicali nel gruppo che aveva usato Facebook e ciò è da collegarsi alle dinamiche specifiche dei social che, favorendo attività collaborative, partecipative e motivanti, evidenziano le loro notevoli possibilità in ambito educativo.

Parole chiave: social networkacquisizione del lessicoitaliano LSanalisi degli erroriFacebook

Abstract

The research presented in this article concerns the potential of social networks in a foreign language acquisition process. This study, which was carried out in a university context, aims at verifying if the use of social networks can have positive effects on students’ motivation, participation and involvement and if it reduces lexical errors in the target language. In order to test the initial hypotheses, we analysed and compared the lexical contents in the corpora generated by the comments made to 21 Facebook posts by two groups of participants: an experimental one (that had used the social network during the course) and a control one (that had never used any). The results show a decrease in lexical errors in the group that had used Facebook and this must be related to the specific dynamics of the social networks, which encourage cooperation, participation and motivation and, therefore, reveal their considerable potential in education.

Keywords: social networkvocabulary acquisitionItalian FLerror analysisFacebook

1. I social nell’insegnamento-apprendimento di una lingua straniera

Uno dei problemi per chi studia una lingua straniera, quando non si trova in un contesto di immersione linguistica, è la scarsa esposizione alla lingua obiettivo e le limitate occasioni per usarla. L’impossibilità di interagire in lingua target rende difficile poter sviluppare l’interlingua[1] ed arrivare a una buona competenza linguistico-comunicativa, incluso se si è in possesso di buone conoscenze grammaticali. È quindi fondamentale trovare spazi, occasioni e strumenti per praticare il più possibile la lingua studiata, fornendo abbondante input e dando la possibilità di interagire con essa anche al di fuori delle lezioni in presenza. Internet, i dispositivi portatili (computer portatili, tablet e smartphone) e i social media più diffusi (Facebook, Twitter, Instagram e via dicendo)[2], usati congiuntamente, possono essere una soluzione efficace per risolvere il problema di cui sopra. Grazie all’estesa diffusione e accessibilità di tali strumenti è possibile applicare un approccio BYOD[3] anche all’insegnamento formale di una lingua straniera (d’ora in poi LS) o lingua seconda (d’ora in poi L2), e l’uso delle tecnologie digitali, tra cui è d’obbligo citare i LMS[4] e i MOOC[5] (Villarini 2020; Gabarrón Pérez 2020, Martin et al. 2019), ha assunto un ruolo rilevante nell’insegnamento linguistico. Grazie alla simbiosi tra i social e gli elementi di cui sopra è possibile usare e condividere qualsiasi contenuto digitale, facendo diventare il web uno spazio di interazione sociale tra gli utenti che lo usano, interconnettendo gli strumenti a disposizione (Reinhardt 2020: 235), dando a docenti e apprendenti l’opportunità di fare didattica anche in una situazione di emergenza sanitaria come quella creata dalla diffusione del Covid-19.

Come segnalato da numerosi studi che sottolineano l’effetto positivo dei social media per lo sviluppo della competenza linguistico-comunicativa in una LS (Klimova e Pikhart 2020; Reinhardt 2019; Hortigüela et al. 2019; Peeters 2019; Ekahitanond 2018; Lantz-Andersson 2017; Harting 2017; Akhiar et al. 2017; Akbari et al. 2015), i buoni risultati ottenuti dagli studenti dipendono da molti fattori: possibilità di produzione e interazione in lingua obiettivo fra gli studenti e fra questi e il docente (se presente e attivo nel gruppo usato sul social) in ogni luogo e momento[6], motivazione e coinvolgimento ottenuti dall’uso di uno strumento che gli è familiare, vedere la lingua target usata da parlanti nativi in contesti significativi, opportunità di usare l’idioma che si apprende anche se non lo si conosce a perfezione[7], superamento di ogni costrizione di spazio e tempo, creazione di vincoli affettivi nel sentirsi parte di un gruppo[8], condividere materiali e consigli sulla (e nella) lingua che si sta studiando. I social, in sintesi, se usati in modo appropriato e coerente, offrono agli apprendenti la possibilità di svolgere una riflessione metacognitiva e metalinguistica costante sulla lingua target, permettendo occasioni di pratica anche al di fuori della classe di lingua (Martos Ramos e Trapassi 2020: 87).

Oltre agli aspetti positivi, i social presentano criticità di vario tipo, segnalate nei lavori di ricerca più recenti; per esempio, un eccesso di informazioni e materiali disponibili sul web può portare gli studenti a non sapere quali scegliere, con possibili problemi di ansia e frustrazione (Tur e Marin 2015). Inoltre, in gruppi di grandi dimensioni c’è il potenziale problema dell’eccessivo numero messaggi da leggere e a cui rispondere, con conseguente demotivazione e passività dei partecipanti (Çetinkaya e Sütçü 2018: 511), e la possibile difficoltà ad integrarsi nelle dinamiche di gruppo (Santoveña-Casal e Bernal-Bravo 2019: 81). D’altronde, sono gli stessi studenti ad essere consapevoli che l’uso dei social media per l’apprendimento richiede autocontrollo e maturità ed è un “double-edged sword that both informs and distracts, having the potential to both help and hinder learning” (Smith 2016: 44).

L’obiettivo di questo studio, condotto con studenti universitari ispanofoni di italiano, di livello A1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (d’ora in poi QCER, 2002), è stato quello di rispondere alle seguenti domande di ricerca:

  1. l’uso di un social come complemento a un corso di lingua, e la comunicazione in lingua target su di esso, influisce positivamente su partecipazione, motivazione e interazione degli apprendenti?
  2. l’uso di un social, incide favorevolmente sulla qualità dell’acquisizione del lessico in lingua target, contribuendo a diminuire gli errori? Tale dato, è verificabile quantitativamente?

1.1. L’acquisizione del lessico in lingua straniera

Il quadro teorico che fa da riferimento a questo studio si basa sulle teorie del costruttivismo e del connessionismo. Il costruttivismo è caratterizzato dalle implicazioni sociali legate all’apprendimento collaborativo e al concetto di Zona di Sviluppo Prossimale: da Vygotsky (1978, 1986) a Bruner (1997), per i costruttivisti, i propri pari sono visti come un aiuto fondamentale durante i processi cognitivi e stimolo/aiuto indispensabili per andare più in là delle proprie conoscenze. Ciò accomuna le teorie costruttivistiche alla reticolarità implicita del web, elemento basilare del connessionismo (Siemens 2005), in cui è fondamentale usare le esperienze dei componenti di un gruppo, mettendole a disposizione di tutti, per diventare nodi[9] a cui arrivano e da cui partono informazioni rilevanti. Il connessionismo, dunque, può essere visto come un approccio alla conoscenza che si sviluppa in un network, prodotta dall’interazione tra i partecipanti, i quali si servono di tutte le tecnologie digitali disponibili e del web per raggiungere tale obiettivo.

Nella nostra ricerca facciamo riferimento anche all’ipotesi dell’interlingua (Selinker 1972) e a come viene considerato l’errore (in questo caso lessicale), valutato positivamente in quanto meccanismo attivo e necessario nel processo di apprendimento linguistico. Un altro punto importante nella teoria dell’interlingua è che, per favorire l’acquisizione, è fondamentale che l’interazione tra apprendenti e docenti avvenga in lingua obiettivo e che essa sia abbondante e frequente (Corder 1981): nell’esperienza didattica presentata, tali dinamiche sono state messe in atto costantemente e costituiscono, a nostro parere, una delle ragioni dell’avvenuta acquisizione del lessico nel gruppo sperimentale.

Per le attività didattiche del gruppo Facebook, volte a favorire l’interesse e la partecipazione degli studenti, spingendoli ad interagire in lingua target, sono stati pubblicati post che contenevano foto o video e la richiesta di un’opinione o commento. Per esempio, si è pubblicata una foto di Nelson Mandela con una sua frase[10], e si è chiesto agli apprendenti la loro opinione al riguardo; oppure, si sono presentate pagine web con immagini di metropolitane o giardini e si è domandato agli studenti quali fossero quelli preferiti e perché. In altri post, l’input era costituito da brevi video in cui si parlava di aspetti culturali tipicamente italiani (ad esempio, la gestualità) e veniva chiesto agli studenti se avessero avuto esperienze dirette collegate ai contenuti del video[11].

I motivi per aver scelto il lessico come argomento dello studio che presentiamo sono vari. Partendo dalla constatazione che “without grammar very little can be conveyed, without vocabulary nothing can be conveyed” (Wilkins 1972: 111) si può capire quanto esso sia importante nell’acquisizione di una LS/L2 e come fattore che veicola significati. Anche a un livello avanzato di competenza grammaticale, l’apprendente percepisce i suoi limiti nella lingua obiettivo quando non possiede sufficienti vocaboli, o li sente inadeguati, per esprimere concetti che invece non avrebbe problemi ad esplicitare in L1 (Read 2000: 1). Inoltre, se le interferenze grammaticali sono più probabili nelle fasi intermedie dell’apprendimento, con gli studenti principianti l’azione della L1 è più evidente nel lessico (Calvi 2003: 19; Calvi 1995): nel nostro caso, gli aspetti di interferenza lessicale rendono più agevole misurare e confrontare, in termini quantitativi, la differenza di acquisizione del lessico tra un gruppo di studenti che ha usato un social network per comunicare in lingua target e un altro che, durante il suo percorso di apprendimento, non l’ha mai usato. Ovviamente, l’acquisizione del lessico è più di una lista di termini da imparare a memoria e non è separata dalla grammatica perché

ha trovato largo consenso l’idea che lessico e grammatica non costituiscano due componenti rigorosamente separate e che esistano delle correlazioni sistematiche tra il comportamento morfologico e sintattico delle parole e le loro proprietà semantiche (Corrà 2016: 9).

Per favorire l’acquisizione del lessico sono fondamentali la quantità e la frequenza di esposizione alla lingua target perché più una parola appare nell’input, maggiore è la possibilità, per l’apprendente, di ricordarla, elaborarla, metterla in relazione con altri termini e automatizzarla: in tale processo è fondamentale la quantità di “osservazioni” ed esempi sottoposti all’apprendente, di cui egli si servirà per elaborare modelli di riferimento per l’uso della parola in questione (Ellis 2005: 315). A conferma dell’ipotesi di Ellis, le parole di Bolognesi sottolineano che

la frequenza di esposizioni a un determinato tipo di input gioca un ruolo predominante, e quasi assoluto, nel processo di memorizzazione e strutturazione delle entrate lessicali, e la differenza tra le rappresentazioni delle parole in L1 e quelle in L2, nel lessico mentale, deriva principalmente dalla quantità di esposizioni a un determinato input (Bolognesi 2012: 65).

2. Corpora e metodologia

Come anticipato, in questa ricerca si sono comparati il corpus di un gruppo sperimentale (gruppo FB), che ha usato Facebook volontariamente e costantemente per tutto l’anno accademico, sempre al di fuori delle ore di lezione ed utilizzando esclusivamente la lingua obiettivo, con quello di un gruppo di controllo (gruppo CTL) che in nessun momento ha usato il social per attività complementari[12], impiegando solamente il libro di testo e frequentando le lezioni universitarie in presenza. I corpora sono costituiti dai commenti degli studenti a 21 post pubblicati su Facebook[13]; di ogni corpus si sono contati gli errori lessicali prodotti dagli apprendenti, classificandoli tipologicamente e ricavandone tabelle statistiche comparative. L’analisi quantitativa degli errori lessicali nei corpora, e le tabelle con i loro dati in valori assoluti e percentuali, sono presentate e commentate nel § 3. 14 dei 21 post sono stati iniziati dal docente, 7 dagli studenti e, da un punto di vista funzionale-comunicativo, i testi prodotti dagli apprendenti contengono commenti, richieste, consigli, proposte, domande ed esternazioni. Il corpus del gruppo FB è stato creato con i messaggi scritti dagli studenti direttamente sul social network; per la realizzazione del corpus del gruppo CTL è stato chiesto agli apprendenti, suddivisi in gruppi di 3 o 4 persone, di guardare sullo schermo del computer e commentare oralmente, in sessioni presenziali realizzate nell’ufficio del docente, gli stessi 21 post commentati dal gruppo FB. I commenti generati dalla visione dei post sono stati registrati e successivamente trascritti, usando un sistema estremamente semplificato. Il docente, presente a tutte le sessioni, ha sempre chiarito che non avrebbe effettuato nessuna correzione o commento di tipo grammaticale, lessicale o fonetico a quello che avrebbero detto gli studenti. Tale atteggiamento aveva lo scopo di abbassare il più possibile il filtro affettivo degli studenti e creare condizioni simile a quelle del gruppo FB, i cui post erano stati tutti scritti senza obblighi, interventi o correzioni da parte del professore.

Una volta creati, i corpora sono stati messi a confronto, analizzandone solo la parte lessicale, tralasciando volontariamente elementi legati a pragmatica, morfosintassi e ortografia. Di ogni corpus sono state contate le parole di classe aperta come le parole piene (aggettivi, avverbi, sostantivi e verbi), dato che sono unità lessicali di contenuto, non considerando quelle appartenenti alle parole grammaticali o funzionali (articoli, pronomi, preposizioni e congiunzioni); si sono anche conteggiate le parole non corrispondenti alla lingua target che, visto il livello di competenza linguistica degli studenti e le interferenze legate alla lingua affine, sono state una costante in molti post. Dall’analisi e relativo computo sono stati esclusi i nomi propri (nomi di città, Paesi, artisti e sportivi famosi), le interiezioni (mmm, boh, beh, mah, oh!, ecc.) e le ripetizioni di parole o parole troncate appartenenti allo stesso turno di parola. Nei due gruppi non sono stati contabilizzati i lemmi incomprensibili per ragioni fonetiche (gruppo CTL), od ortografiche (gruppo FB). Per quanto riguarda l’ortografia delle parole, quelle accentate sono state sempre contate, anche nei casi in cui tale elemento non era corretto; nelle parole con doppia consonante, anche se essa non era stata scritta o pronunciata dai discenti, tale errore non è stato causa di esclusione dal conteggio.

Comparare un corpus scritto con uno orale, cosa non usuale nel campo dell’acquisizione linguistica, è reso plausibile dalle peculiarità della CMC[14] che, generando nuovi generi testuali, crea forme di conversazione inedite in cui la differenziazione tra oralità e scrittura è vista come un continuum[15], determinato dalla situazione comunicativa e non dal mezzo usato per la produzione linguistica, ed è “ante todo, no una oposición dicotómica de carácter medial, sino más bien una distinción concepcional de naturaleza continua o gradual” (López Serena 2021: 257). La CMC, alla base della testualità dei social, va al di là dell’opposizione scritto-parlato essendo “una comunicazione linguistica realizzata attraverso la scrittura ma con molte caratteristiche tipiche del parlato” (Pistolesi 2018: 23); è un tipo di testualità che si scosta frequentemente sia dalla scrittura che dal parlato, con un carattere ibrido e aperto ad apporti occasionali, non standardizzati e neanche programmati. Nei messaggi postati su Facebook è frequente la presenza di fenomeni tipici della sintassi segmentata (dislocazioni, frasi scisse, uso del c’è presentativo), abituali nel parlato, da vedere come trasferimento di elementi tipici dell’oralità nella scrittura per aiutare il produttore e il lettore del messaggio a differenziare le informazioni principali da quelle secondarie (Palermo 2018: 61). È evidente che i nuovi strumenti, e le nuove caratteristiche della comunicazione, ci portano ad andare oltre la variabile binaria diamesica, tradizionalmente immaginata come scritto/parlato, ed evidenziano come i social, quando si tratta di messaggi scritti, utilizzino un canale prevalentemente grafico per veicolare una comunicazione molto vicina all’oralità.

Degli errori lessicali contenuti nei corpora si sono analizzati quelli appartenenti alle quattro categorie sotto specificate.

2.1. Parole (in L1) non corrispondenti alla lingua target

Nei livelli iniziali dell’apprendimento di una LS, se si vuol avviare la comunicazione o far continuare la conversazione, la L1 avrà una funzione di scaffolding[16] che andrà diminuendo man mano che aumenta la competenza linguistico-comunicativa nella lingua target (Kustati 2014: 179), ed è quindi normale il ricorso al code switching, o al code mixing[17] (incluso ad entrambi)[18]. Da un punto di vista linguistico, il passaggio da un sistema linguistico all’altro può essere interfrasale (code switching) o intrafrasale (code mixing), nel cui caso si parla anche di enunciazione mistilingue (Alfonzetti 2010). In realtà, il confine tra prestito e code mixing può essere molto labile e l’assegnazione di categorie non è determinata solo dalla frequenza e distribuzione di tali fenomeni nei testi (Dal Negro e Ciccolone 2018: 127): a tal proposito, è da notare che Muysken, segnalando la difficoltà nel distinguere nettamente tra interferenza, transfer, prestito e code switching, definisce con quest’ultimo termine tutti i casi in cui gli elementi lessicali di due lingue compaiono nella stessa frase (Muysken 2000: 7). Nel caso di italiano e spagnolo, l’affinità tra le due lingue permette ad apprendenti principianti di produrre frasi comprensibili anche usando parole della L1 (esempi 1-4 riportati sotto), ma la somiglianza può anche essere un problema. La sensazione di vicinanza delle due lingue può limitare la capacità di discriminazione, e i discenti, a volte, usano la L1 pensando che i termini della lingua obiettivo siano uguali o molto simili anche quando, invece, sono incomprensibili per un parlante della lingua target (esempi 5 e 6 sotto) (Bailini 2016: 228). A riprova di ciò, presentiamo alcuni esempi con, in nota, i nostri commenti[19].

  1. “ho ascoltato musica italiana ma *seguramente devo ascoltare di più”. (post 4)
  2. “La *culpa è del figlio”. (post 5)
  3. “del governo che te permite* cercare casa ma qui è *imposible”. (post 13)
  4. “*creo che è molto divertente”. (post 18)
  5. “Se *suspendo il esami ”. (post 13)
  6. Perché è *barato. (post 13)

2.2. Parole (non in L1) non corrispondenti alla lingua target

Quanto detto al punto 1. vale pure quando, invece di ricorrere alla L1, si impiegano altre lingue straniere conosciute anche se il loro uso, in percentuale, è bassissimo (0% nel gruppo FB e 5,2% nel gruppo CTL). Gli apprendenti tendono a usare il code mixing o il code switching perché non hanno ancora la competenza per esprimersi compiutamente nella lingua obiettivo e pertanto, per poterlo fare, usano parole e strutture grammaticali della L1 e di altre LS, che saranno integrate alla lingua target (Keller 2016). Nel nostro caso c’è un uso preponderante dell’inglese (*workshop, *on, *off, *man, *woman, *coach,* is) e del francese (*cité, *est), e questa tipologia di errore è presente solo nel corpus del gruppo di controllo. Pensiamo che gli apprendenti ricorrano a queste due lingue perché l’inglese è stato, per la maggior parte di essi, la LS studiata a scuola, e per la grande diffusione di tale lingua nei multimedia; nel caso del francese, 3 degli apprendenti lo hanno studiato alle superiori e uno dei genitori è di madrelingua francese.

2.3. Transfer lessicali

Nel percorso di apprendimento o acquisizione di una lingua straniera, uno dei punti critici sono le interferenze (transfer) della L1, o di altre lingue conosciute, sulla lingua obiettivo, ovvero, l’azione di un sistema linguistico su un altro e gli effetti provocati da tale contatto: questi fenomeni riguardano fonologia, sintassi, lessico e morfologia ma non escludono altri aspetti pragmatici e testuali (Palermo 2010)[20]. Nei casi di transfer lessicale si usa una parola esistente nella lingua target dandole, però, un significato diverso da quello che possiede realmente[21], e gli errori sono dati da un meccanismo di adattamento e trasferimento dalla L1 alla LS (Pichiassi 2012: 26). L’adattamento in questione “surge de la necesidad, por parte del aprendiente de lenguas, para solucionar alguna situación comunicativa (de la cual no es consciente en algunas ocasiones), para lo cual recurre a su lengua materna con el objeto de suplir esa carencia” (Ferreira e Elejalde 2020: 131).

Il ricorso alla L1 è, per l’apprendente, una “bussola” per orientarsi e, contemporaneamente, un “filtro” che agisce sulla percezione e l’apprendimento delle strutture della lingua obiettivo (Chini 2005: 55). Per di più, se da una parte la somiglianza interlinguistica favorisce l’associazione tra parole e concetti, dall’altra si corre il rischio che l’ “ingannevole trasparenza”[22], tipica delle lingue affini, dia problemi per la corretta comprensione e produzione in lingua obiettivo, producendo frasi come quelle degli esempi riportati sotto, che commentiamo in nota[23].

  1. “Perché riceve le nostre *note d’esame…”. (post 1)
  2. “… stiamo usando il suo libro… è *eccitato, è comprensibile!” (post 1)
  3. “……Firenze è una buona *eletta”. (post 2)
  4. “Una canzone che allieta a *tutte le mondo!” (post 4)
  5. “…alle quattro è molto *pronto”. (post 14)
  6. “…non so, qualcosa *ha passato”. (post 17)

2.4. Forme ibride

Sul piano morfologico il concetto di ibrido, applicato all’ambito della flessione, indica una parola semplice data dalla combinazione di un morfema lessicale di una lingua X con un morfema grammaticale di una lingua Y (Regis 2006; 2016). Applicato alla formazione della parola il concetto definisce una parola complessa, alla cui composizione contribuiscono due lingue differenti, che i parlanti avvertono stilisticamente incongruente (Rainer 2014: 137). Le forme ibride sono date dall’unione di elementi provenienti da sistemi diversi; danno origine a formazioni lessicali generate dall’interferenza tra parole che, nelle due lingue, condividono la stessa base etimologica, e tali ibridismi testimoniano spesso una momentanea sovrapposizione tra due lingue differenti che sono, però, in contatto (Regis 2006: 485). Nella nostra analisi, questo tipo di errore è costituito da parole che non esistono né in italiano né in spagnolo e, pertanto, i termini prodotti dai discenti non sono rintracciabili nei vocabolari delle due lingue: tali errori sono morfologicamente e semanticamente differenti dai transfer lessicali anche se, per quanto detto sopra, sono proprio tali elementi a costituire la base di molte ibridazioni, che comprendono errori di varie tipologie.

Errori di ipercorrettismo, per cui gli apprendenti, nel timore di sbagliare per difetto, cadono nell’errore di geminare le consonanti semplici, introducendole impropriamente: staggioni, *cossa, *raggazzi, *tradittore.

Errori attribuibili alla semplificazione delle consonanti geminate: *abiamo, *bellisima, *facio, *cativo, *setimana, *abastanza, *acordo, *arabiato.

Errori dovuti alla persistenza di alcune vocali della L1: *securamente, *rilassarme, *immageni, *simplice, *invencibili.

Errori dovuti all’uso di lessemi della lingua target e morfemi della L1 o viceversa, a probabile dimostrazione di un processo di acquisizione parziale per cui l’apprendente ha acquisito la morfologia della lingua obiettivo ma non il suo lessico, in un fenomeno che ha similitudini con l’adattamento[24] e che crea una mescolanza linguistica tipica delle lingue di apprendimento (Savoia 2010): *cancione, *lugari, * deviamo,* aiudare [25].

Errori dovuti a creazioni di parole inesistenti in lingua target per adattamento morfologico, ortografico o fonetico di parole della L1. In tal caso, alcuni autori associano questo tipo di errore al termine “creatività” perché tali parole (dette anche “transfer creativi”) svelano il tentativo di trovare una soluzione alla difficoltà di esprimersi nella lingua obiettivo: per farlo, l’apprendente crea un termine che non esiste né in L1 né in lingua target, e che può essere una combinazione tra una parola della L1 e un morfema appartenente alla lingua obiettivo (Bailini 2016: 32): *presemplo, *resetta, *sapeluria, *maschiline, *columnati[26].

3. Analisi quantitativa degli errori lessicali nei corpora

L’analisi quantitativa raccoglie informazioni, descrive, spiega e analizza i dati raccolti, in modo da confermare (o no) le ipotesi di partenza e dare risposte a domande di ricerca che nascono anche dallo studio della letteratura sul tema in questione (Williams 2011). L’analisi realizzata, i cui valori sono riportati nelle tabelle e grafici che seguono, riguarda le quantità e i tipi di errori lessicali nei corpora: per offrire un’analisi il più esaustiva possibile, i dati sono riportati sia in valori assoluti che percentuali.

La tabella 1 mostra la quantità di errori lessicali di ciascun corpus, suddivisi per tipologia, espressi in valori assoluti e, tra parentesi, in valori percentuali sul totale.

Tabella 1.
Errori lessicali nei corpora in valori assoluti e, tra parentesi, in valori percentuali

Errori totali

Parole in L1

Parole non della L1

Transfer lessicali

Forme ibride

Gruppo Facebook

63

11 (17,4%)

0

14 (22,2%)

38 (60,3%)

Gruppo controllo

172

75 (43,6%)

9 (5,2%)

14 (8,1%)

74 (43%)

Per gli errori dovuti all’uso di parole in L1 non corrispondenti alla lingua target, il gruppo CTL ricorre alla L1 più del doppio delle volte del gruppo FB (gruppo FB = 17,4%; gruppo CTL = 43,6%). La nostra ipotesi, di fronte a una differenza così marcata è che, non avendo ancora la competenza linguistica per esprimersi compiutamente in lingua obiettivo, il gruppo CTL ricorra a meccanismi di code mixing e code switching per colmare le sue lacune lessicali e poter svolgere in modo adeguato il compito comunicativo richiesto; in tal senso, il numero degli errori nei corpora conferma una maggior acquisizione del lessico da parte del gruppo sperimentale. Per quanto riguarda le parole non in L1 non corrispondenti alla lingua target, il gruppo FB non ne ha usata nessuna e il gruppo CTL è ricorso ad esse 9 volte usando, nella maggior parte dei casi, termini inglesi.

Gli errori legati ai transfer lessicali sono una delle categorie in cui il gruppo FB ha il triplo di errori rispetto al gruppo CTL (gruppo FB = 22,2%; gruppo CTL = 8,1%) anche se, in percentuale, non è l’errore più ricorrente, in nessuno dei due corpus. Per questa tipologia di errore (che comprende anche i cosiddetti “falsi amici”), una possibile spiegazione potrebbe essere la maggior conoscenza della lingua obiettivo da parte del gruppo FB: ciò, se da una parte permette di avere più risorse per comunicare, dall’altra porta i discenti a creare delle combinazioni lessicali, per assonanza o somiglianza, che sembrerebbero essere invece precluse al gruppo CTL, in possesso di una minor competenza lessicale nella lingua target.

Per quanto riguarda gli ibridismi, nel gruppo sperimentale tale tipologia di errore è molto più presente, in valore percentuale, che nel gruppo di controllo (gruppo FB, 60, 32%; gruppo CTL, 43,02%). Pensiamo che a ciò abbia contribuito l’atmosfera creatasi nel corso, in cui gli errori degli studenti non sono stati penalizzati in nessun momento, e sono stati considerati qualcosa di naturale nel processo di apprendimento/acquisizione, fonte di informazioni sullo stato dell’interlingua degli apprendenti. Gli studenti, in ogni momento, si sono sentiti liberi di fare ipotesi linguistiche che poi venivano espresse, appunto, con la creazione di ibridismi basati sulle loro regole “interne”, naturalmente abbastanza numerose nei livelli principianti e, nei casi in cui hanno percepito di non avere gli strumenti linguistici per poter comunicare, invece di ricorrere alla sola L1, gli apprendenti del gruppo FB hanno provato a sovrapporre la L1 e la lingua obiettivo, dando luogo a ibridismi di diverso tipo.

I dati della tabella 2 rappresentano il numero totale di ogni elemento lessicale nei corpora (colonne da 1 a 4) e il numero totale delle parole piene (colonna 5). Le colonne da 6 a 9 mostrano la quantità dei differenti tipi di errore lessicale in ogni corpus e la loro somma (colonna 10). La colonna 11, infine, contiene la percentuale di errori lessicali in ogni corpus. Nel gruppo FB, confrontando i dati della colonna 5 (n = 913) con quelli della colonna 10 (n = 63) si ricava che la percentuale di errori lessicali nel corpus è il 6,9%. Nel gruppo CTL, comparando i valori della colonna 5 (n = 821) con quelli della colonna 10 (n = 172), si ottiene che la percentuale di errori lessicali nel corpus è del 20,9%. In percentuale, il corpus del gruppo CTL contiene quasi il triplo di errori del corpus del gruppo Facebook, pur se quest’ultimo ha l’11,2% in più di parole piene rispetto al corpus del gruppo di controllo.

Tabella 2.
Quantità parole piene ed errori in ogni corpus: valori assoluti e percentuali

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

Aggettivi

Avverbi

Sostantivi

Verbi

Tot. Parole piene

Parole in L1

Forme ibride

Parole non in L1

Transfer

Tot. errori

% errori

nel corpus

Tot. gruppo Facebook

203

122

334

241

913

11

38

0

14

63

6,9%

Tot. gruppo controllo

180

173

242

233

821

75

74

9

14

172

20,9%

4. Conclusioni

I risultati di questo studio suggeriscono che l’uso di un social network incide positivamente su motivazione, partecipazione e interazione degli studenti, e che tale azione influisce in modo proficuo sull’acquisizione del lessico di una LS: il social, inoltre, stimola la produzione in lingua target e fa diminuire la quantità di errori lessicali. A questo proposito, si mostrano i dati relativi alla quantità di post pubblicati e la quantità di commenti degli studenti, sia in numeri assoluti che comparati con quelli del docente (tabella 3).

Tabella 3.
Quantità di post e mmenti pubblicati da docente e studenti

Post e commenti

Iniziati dal docente

Iniziati dagli studenti

Post pubblicati

169

133

Post con commenti

99

122

Totale dei commenti nei post

561

409

Media commenti per post

5,6

3,3

Si evince dalla tabella 3 che i post scritti dal docente (n = 169) sono stati il 27% in più di quelli scritti dagli studenti (n = 133) ma è interessante notare che, se la media dei commenti apparsi sui post iniziati dal docente è maggiore (n= 5,6) rispetto alla media dei commenti nei post iniziati dagli studenti (n = 3,3), i post di questi ultimi sono stati commentati dai compagni nel 91,7% dei casi mentre i post iniziati dal professore sono stati commentati il 58,8% delle volte. A nostro parere, i dati dimostrano che l’uso di Facebook fa aumentare l’autonomia degli studenti, motivandoli ad essere parte attiva nell’apprendimento e l’acquisizione di una LS, e che il formar parte di un social network aumenta la motivazione e la partecipazione degli studenti alle dinamiche del corso, dando luogo a una notevole quantità di interazioni collaborative tra pari e con il docente. Ciò è da mettere in relazione anche alle caratteristiche del social usato, che favorisce collaborazione e interazione tra i componenti del gruppo, condivisione di informazioni e partecipazione attiva alle attività create, con frequenti possibilità di produzione in lingua target.

Per quanto riguarda gli errori lessicali del gruppo sperimentale, minori rispetto a quelli del gruppo di controllo, riteniamo che sia stata fondamentale l’applicazione di alcuni concetti fondamentali del costruttivismo e del connessionismo. Le due teorie pedagogiche sottolineano che le attività cognitive realizzate con le tecnologie digitali permettono la conservazione e il recupero (e quindi il riutilizzo) delle informazioni, facilitando l’apprendimento e alimentando le connessioni dei “nodi” che compongono il network: tutti elementi presenti, durante il corso, nelle dinamiche del gruppo Facebook. Alla diminuzione degli errori ipotizziamo cha abbia contribuito anche un concetto fondamentale dell’interlingua, per cui le conoscenze linguistiche di cui già dispone l’apprendente adulto permettono di formulare ipotesi sul funzionamento della lingua obiettivo, che avranno bisogno di essere confermate o smentite attraverso l’interazione con il docente o con i parlanti della lingua target: è quanto avvenuto, costantemente, con la comunicazione tra docente e apprendenti, realizzata sempre e solo in lingua target. Inoltre, la teoria dell’interlingua sottolinea il ruolo fondamentale della quantità di pratica affinché avvenga l’acquisizione e, come abbiamo visto, le possibilità di pratica della lingua studiata sono state numerose durante tutta la durata dell’esperienza didattica analizzata.

Ci sembra che questa ricerca evidenzi l’importanza dei social nei processi di insegnamento-apprendimento linguistico, mettendo in risalto il ruolo che essi possono avere nell’acquisizione del lessico in una LS. I dati analizzati suggeriscono che proporre attività interattive, collaborative e motivanti su un social network, impiegando tale strumento come complemento e integrazione del manuale adottato, pubblicando post di interesse per gli apprendenti, dandogli la possibilità di commentarli e di pubblicarne a loro volta, abbia un impatto fortemente positivo sull’acquisizione linguistica e sia una risorsa da tenere in grande considerazione da parte di ogni docente di lingue straniere.

Riteniamo che, ai fini dell’attendibilità dei risultati e della qualità della ricerca scientifica, ci sia bisogno di ulteriori studi basati sulla raccolta e l’analisi di dati generati da esperienze simili alla nostra, e consideriamo questo studio un punto di partenza, e non di arrivo. Crediamo che la strada per avere una buona qualità nell’insegnamento linguistico passi per mettere insieme aspetti pedagogici, conoscenza della materia insegnata ed attivazione dei processi cognitivi degli apprendenti, e che ciò possa esser fatto in modo proficuo per gli apprendenti grazie al contributo delle tecnologie digitali e del web.

Bibliografia e sitografia

Akbari, E., Pilot, A., e Simons, P. (2015). Autonomy, competence, and relatedness in foreign language learning through Facebook. Computers in Human Behaviour, 48, 126-134. https://dl.acm.org/doi/10.1016/j.chb.2015.01.036

Akhiar, A., Mydin, A., e Adi Kasuma, S. (2017). Students’ perceptions and attitudes towards the use of Instagram in English language writing. Malaysian Journal Of Learning And Instruction, 47-72. https://doi.org/10.32890/mjli.2017.7796

Alfonzetti, G. (2010). Commutazione di codice. https://www.treccani.it/enciclopedia/commutazione-di-codice_(Enciclopedia-dell’Italiano)/

Bafile, L. (2010). Adattamento. https://www.treccani.it/enciclopedia/adattamento_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/.

Bailini, S. (2016). La interlingua de lenguas afines. El español de los italianos, el italiano de los españoles. Led.

Bax, S. (2011). Normalisation revisited: The effective use of technology in language Education. International Journal of Computer Assisted Language Learning and Teaching, 1(2), 1–15. https://doi.org/10.4018/ijcallt.2011040101

Berruto, G. (2009). Confini tra sistemi, fenomenologia del contatto linguistico e modelli di code switching. In Iannaccaro G., e Matera V. (A cura di), La lingua come cultura (pp. 3-34). UTET – De Agostini.

Biber, D. (1995). Dimensions of register variation. A cross-linguistic comparison. Cambridge University Press.

Bolognesi, M. (2012). Il lessico mentale bilingue: i legami semantici e quelli episodici. Studi di glottodidattica, 5(1), 64-71. https://doi.org/10.15162/1970-1861/140

Bozanta, A., e Mardikyan, S. (2017). The effects of social media use on collaborative learning: a case of Turkey. Turkish Online Journal of Distance Education, 18(1), 96-110. https://doi.org/10.17718/tojde.285719

Bruner, J. (1997). La cultura dell’educazione. Feltrinelli.

Bybee, J. (2008). Usage-based grammar and second language acquisition. In P. Robinson., e N. C. Ellis (Eds.), Handbook of cognitive linguistics and second language acquisition. Routledge, 216-236.

Calvi, M. V. (1995). Didattica di lingue affini. Spagnolo e italiano. Guerini.

Calvi, M. V. (2003). Lingüística contrastiva de español e italiano. Mots Palabras Words, 4, 17-34. https://www.ledonline.it/mpw/allegati/mpw0403calvi.pdf

Calvi, M. V. (2004). Apprendimento del lessico di lingue affini. Cuadernos de Filología Italiana, 11, 61-71. https://revistas.ucm.es/index.php/CFIT/article/view/CFIT0404110061A

Cardenas-Claros, M.S., e Isharyanti, N. (2009). Code-switching and code-mixing in Internet chatting: between ‘yes’, ‘ya’, and ‘si’-a case study. The JALT CALL Journal, 5(3), 67–78. https://doi.org/10.29140/jaltcall.v5n3.87

Çetinkaya, L., e Sütçü, S. S. (2018). The effects of Facebook and WhatsApp on success in English vocabulary instruction. Journal of Computer Assisted Learning, 34(5), 504-514. https://doi.org/10.1111/jcal.12255

Chen, Y. (2015). Linking learning styles and learning on mobile Facebook. International Review of Research in Open and Distributed Learning, 16(2), 94–114. https://doi.org/10.19173/irrodl.v16i2.2038

Chini, M. (2005). Che cos’è la linguistica acquisizionale. Carocci.

Cognigni, E., e Garbarino, S. (2018). Costruire la resilienza nell’interazione in un progetto di ricerca internazionale plurilingue. Il caso del progetto MIRIADI. In Coonan, C. M., Bier, A., e Ballarin, E. (A cura di), La didattica delle lingue nel nuovo millennio. Le sfide dell’internazionalizzazione (pp. 645-661). Edizioni Ca’Foscari.

Consiglio d‟Europa (2002). Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento insegnamento valutazione. La Nuova Italia-Oxford.

Corder, S. P. (1981). Error Analysis and Interlanguage. Oxford University Press.

Corrà, L. (2016). Sviluppo della Competenza lessicale. Aracne Editrice.

Dal Negro, S., e Ciccolone, S. (2018). Incidenza ed estensione del code-mixing come variabile sociolinguistica. Rivista Italiana di Dialettologia. XLII (42). Pendragon.

Ekahitanond, V. (2018). The impact of feedback in Facebook on students’ language proficiency. TEM Journal, 7(3), 686-692. https://doi.org/10.18421/TEM73-28

Ellis, N. C. (2005). At the interface: Dynamic interactions of explicit and implicit language knowledge. Studies in Second Language Acquisition, 27, 305–352. https://doi.org/10.1017/S027226310505014X

Fernández López, S. (1997). Interlengua y análisis de errores en el aprendizaje del español como lengua extranjera. Edelsa Grupo Didascalia.

Ferreira Cabrera, A., e Elejalde Gómez, J. (2020). Propuesta de una taxonomía etiológica para etiquetar errores de interlengua en el contexto de un corpus escrito de aprendientes de ELE. Forma y Función, 33(1), 115-146. https://doi.org/10.15446/fyf.v33n1.84182

Gabarrón Pérez, A., Pino Rodríguez, A. M., Salvadores Merino, C., e Trujillo Sáez, F. (2020). Tecnología para la Enseñanza y el Aprendizaje de Lenguas Extranjeras. La Enseñanza de lenguas Asistida por Ordenador. Pasado, presente y futuro. Pragmalingüística, 28, 238-254. .https://doi.org/10.25267/Pragmalinguistica.2020.i28.12

Harting, A. (2017). Using Facebook to improve L2 German students’ socio-pragmatic skills. The EuroCALL Review, 25(1), 26-35. https://doi.org/10.4995/eurocall.2017.7014

Hortigüela, A. D., Sánchez, S. J., Ángel Pérez, P. A., e Víctor Abella G. V. (2019). Social networks to promote motivation and learning in higher education from the students’ perspective. Innovations in Education and Teaching International, 56(4), 412-422. https://doi.org/10.1080/14703297.2019.1579665

Keller, G. H. (2016). Code switching in Teaching English to Speakers of Other Languages. Master’s Projects and Capstones, 480. https://repository.usfca.edu/capstone/480

Klimova, B., e Pikhart, M. (2020). Cognitive and Applied Linguistics Aspects of Using Social Media: The Impact of the Use of Facebook on Developing Writing Skills in Learning English as a Foreign Language. European Journal of Investigation in Health, Psychology and Education, 10(1), 110-118. https://doi.org/10.3390/ejihpe1001001034542473

Koch, P., e Öesterreicher, W. (1985). Sprache der Nähe – Sprache der Distanz. Mündlichkeit und Schriftlichkeit im Spannungsfeld von Sprachtheorie und Sprachgeschichte. Romanistisches Jahrbuch, 36, 15-43. De Gruyter. https://doi.org/10.1515/9783110244922.15

Koch, P., e Österreicher, W. (1990). Gesprochene Sprache in der Romania: Französisch, Italienisch, Spanisch. Romanistische Arbeitshefte, 31. De Gruyter.

Kukulska-Hulme, A. (2015). Language as a bridge Connecting Formal and informal language learning through Mobile devices. In L. H. Wong., M. Milrad., e M. Specht (Eds.), Seamless Learning in the Age of Mobile Connectivity (pp. 281-294). Springer.

Kustati, M. (2014). An analysis of code-mixing and code-switching in EFL teaching of cross-cultural communication context. Al-Ta’lim, 21(3), 174-182. https://doi.org/10.15548/jt.v21i3.101

Lantz-Andersson, A. (2017). Language play in a second language: social media as contexts for emerging sociopragmatic competence. Education and Information Technologies, 23(2), 705-724. https://link.springer.com/article/10.1007/s10639-017-9631-0 https://doi.org/10.1007/s10639-017-9631-0

Laufer, B. (1997). The lexical plight in second language reading. Words you don’t know, words you think you know, and words you can’t guess. In J. Coady., e T. Huckin (Eds.), Second Language Vocabulary Acquisition. A Rationale for Pedagogy (pp. 20-34). Cambridge University Press.

López Serena, A. (2021). El hablar y lo oral. In Loureda, O., e Schrott, A. (Eds.), Manual de lingüística del hablar (pp.243-260). De Gruyter.

Martin, J., Jiménez González, M. I., Fernández Barrera, A. e Duée Zoghbi, C. (Eds.) (2019). Tecnología Integrada en la Didáctica de Lenguas Extranjeras (TIDLE). Ministerio de Educación y Formación Profesional y Universidad de Castilla-La Mancha. https://n9.cl/ru16

Martos Ramos, J. J., e Trapassi, L. (2020). Fomentar la autonomía en el aprendizaje de segundas lenguas: diario del proyecto APLA en la US. Philologia Hispalensis, 34(1), 79–97. https://doi.org/10.12795/PH.2020.v34.i01.05

McLoughlin, C., e Lee, M. (2008). The three P’s of Pedagogy for the networked Society: Personalization, Participation and Productivity. International Journal of Teaching and Learning in Higher Education, 20(1), 10-27. https://www.isetl.org/ijtlhe/pdf/IJTLHE395.pdf

Muysken, P. (2000). Bilingual speech: A typology of code-mixing. Cambridge University Press.

Norris, C. A., e Soloway, E. (2011). Learning and schooling in the age of mobiles. Educational Technology, 51(6), 3-12.

Palermo, M. (2010). Interferenza. https://www.treccani.it/enciclopedia/interferenza_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/

Palermo, M. (2018). Organizzare il discorso in rete. Caratteristiche della testualità digitale. In G. Patota., e F. Rossi (A cura di), L’italiano e la rete, le reti per l’italiano (pp. 49-63). Accademia della Crusca-go Ware.

Pallotti, G. (2013). L’interlingua. https://interlingua.comune.re.it/wp-content/uploads/2013/07/interlingua_intro.pdf.

Peeters, W. (2019). The peer interaction process on Facebook: a social network analysis of learners’ online conversations. Educational Information Technology, 24, 3177-3204. https://link.springer.com/article/10.1007/s10639-019-09914-2 https://doi.org/10.1007/s10639-019-09914-2

Pichiassi M. (2012). Modelli teorici sull’apprendimento di una L2. Università per stranieri di Perugia.

Pistolesi, E. (2018). Storia, lingua e varietà della Comunicazione Mediata dal Computer. In G. Patota., e F. Rossi (A cura di), L’italiano e la rete, le reti per l’italiano (pp. 16-34). Accademia della Crusca-go Aware.

Rainer, F. (2014). L’ibridismo greco-latino nell’italiano ottocentesco e le sue origini neolatine. In P. Danler., e C. Konecny (A cura di), Dall’architettura della lingua italiana all’architettura linguistica dell’Italia. Saggi in omaggio a Heidi Siller-Runggaldier (pp. 131-143). Peter Lang.

Read, J. (2000). Assessing vocabulary. Cambridge University Press.

Regis, R. (2006). Sulle realizzazioni dell’ibridismo. Studi italiani di linguistica teorica e applicata, 35(3), 471-504.

Regis, R. (2016). Contributo alla definizione del concetto di ibridismo: aspetti strutturali e sociolinguistici. In V. Orioles., e R. Bombi (A cura di), XLVIII Congresso Internazionale di studi della Società di Linguistica Italiana (pp.215-230). Bulzoni.

Reinhardt J. (2020). Metaphors for social media-enhanced foreign language teaching and learning. Foreign Language Annals, 53, 234–242. https://doi.org/10.1111/flan.12462

Reinhardt J. (2019). Social media in second and foreign language teaching and learning: Blogs, wikis, and social networking. Language Teaching, 52(1), 1-39. https://doi.org/10.1017/S0261444818000356

Santoveña-Casal, S. e Bernal-Bravo, C. (2019). Exploring the influence of the teacher: Social participation on Twitter and academic perception. Comunicar, 58, 75-84. https://doi.org/10.3916/C58-2019-07

Savoia L. M. (2010). Prestiti lessicali e code-mixing nei sistemi arbëreshë. In Prantera N., Mendicino, A., e Citraro, C. (A cura di), Parole. Il lessico come strumento per organizzare e trasmettere gli etnosaperi (pp. 717-738). Università della Calabria.

Selinker, L. (1972). Interlanguage. International Review of Applied Linguistics, 10, 209-231. https://doi.org/10.1515/iral.1972.10.1-4.209

Shen, L., e Shen, R. (2008). The pervasive learning platform of a Shanghai online college: A large-scale testbed for hybrid learning. In J. Fong., R. Kwan., F. L. Wang (Eds.), Hybrid Learning and Education, First International Conference (pp. 178-189). Springer.

Siemens, G. (2005). Connectivism: A learning theory for the digital Age. International Journal of Instructional Technology and Distance Learning, 2(1), 1-8. https://itdl.org/Journal/Jan_05/article01.htm

Smith, E. E. (2016). “A real double-edged sword:” Undergraduate perceptions of social media in their learning. Computers e Education, Volume 103, 44-58. https://doi.org/10.1016/j.compedu.2016.09.009

Tur, G., e Marín, V. I. (2015). Enhancing learning with the social media: student teachers’ perceptions on Twitter in a debate activity. Journal Of New Approaches In Educational Research, 4(1), 46-53. https://doi.org/10.7821/naer.2015.1.102

Villarini, A. (2020). (A cura di), Insegnare l’italiano con i MOOC. Pacini Editore.

Vygotsky, L.S. (1978). Mind in Society. The Development of Higher Psychological Processes. Harvard University Press.

Vygotsky, L.S. (1980). Il processo cognitivo. Bollati Boringhieri.

Vygotsky, L.S. (1986). Thought and Language. Massachusetts Institute of Technology.

Wilkins, D. A. (1972). Linguistics in language teaching. Arnold.

Williams, C. (2011). Research methods. Journal of Business e Economics Research, 5(3), 65-72. https://doi.org/10.19030/jber.v5i3.253221543382


[1] In base alle definizioni di Selinker (1972), Corder (1981), Fernandez López (1997), Pallotti (2013) e Bailini (2016), si può considerare l’interlingua un sistema dinamico, permeabile, aperto e variabile, caratterizzato da sistematicità e transitorietà; un insieme di regole linguistiche, psicolinguistiche e sociolinguistiche differenti sia dalla prima lingua (d’ora in poi L1), anche se ne può contenere elementi, che dalla lingua oggetto di studio, con ipotesi che si formano e si trasformano continuamente nella mente dell’apprendente.

[2] I termini social, social network e social media sono da intendersi come equivalenti: Reinhardt (2019: 3) li definisce come “any application or technology through which users participate in, create, and share media resources and practices with other users by means of digital networking”.

[3] Acronimo di Bring Your Own Device, tradotto spesso in italiano con “Porta il tuo dispositivo”. Il termine nasce nel 2009, quando Intel (fabbricante di chip per i computer) consiglia ai suoi impiegati l’uso dei dispositivi personali (cellulari, tablet e portatili) per collegarsi al network aziendale. Norris e Soloway (2011) e Burbules (2012: 12) sono i primi autori che applicano il termine all’apprendimento linguistico.

[4] Acronimo di Learning Management System. Sono le piattaforme digitali che permettono di allestire e gestire ambienti virtuali di apprendimento on line, usando risorse multimedia e spazi interattivi di comunicazione.

[5] Acronimo di Massive Open Online Courses. Si tratta di corsi online aperti a tutti, offerti di solito su piattaforme accessibili gratuitamente. Di solito hanno un gran numero di partecipanti, vi si svolgono attività asincrone che spesso prevedono l’interazione tra i partecipanti, con creazione e valutazione di materiali didattici realizzati tra pari.

[6] Il concetto in questione si ispira principalmente ai modelli pedagogici del seamless language learning (Kukulska-Hulme 2015) e dell’always-on education (Shen e Shen 2008).

[7] L’idea per cui i social sono come una palestra sempre aperta e a disposizione di chi impara una lingua straniera è sintetizzato da Reinhardt (2020: 240) come: “The idea of a playground further captures the sheltered, practice-focused, experimental, and creative potential of social media as a learning context”.

[8] Su questo aspetto si possono consultare, ad esempio, i lavori di Chen (2015) e Bozanta e Mardikyan (2017).

[9] Siemenes (2005), riferendosi ai nodi di cui stiamo parlando, usa la parola hubs e, in informatica, un hub è un dispositivo per collegare più computer a una rete e più reti fra loro.

[10] La frase è “C’è un solo modo per svelare l’anima di chi governa una comunità: osservare come tratta i bambini e gli insegnanti”

[12] Il gruppo sperimentale era composto da 34 studenti del Centro Linguistico d’Ateneo dell’Universidad Complutense de Madrid (UCM), di età compresa tra i 19 e i 25 anni, tutti ispanofoni. Gli studenti hanno partecipato volontariamente alle attività sul social, creato appositamente dal docente per l’occasione, e né all’inizio del corso, né durante l’a.a. c’è stato l’obbligo di iscriversi al gruppo o partecipare alle attività su Facebook. Il gruppo di controllo era composto da 26 studenti, tra i 19 e i 22 anni, tutti ispanofoni, frequentanti il corso di Laurea in Lingue Moderne dell’UCM. Le ore di lezione, per entrambi i gruppi, sono state 60, la partecipazione degli studenti alle lezioni in presenza è stata, in media, del 70%.

[13] Anche se ne sono stati usati solo 21, i post pubblicati su Facebook sono stati 302: 169 dal docente e 133 dagli studenti del gruppo FB.

[14] Comunicazione Mediata dal Computer.

[15] La teoria del continuum (Biber 1995) e quella della distanza e immediatezza comunicativa (Koch e Oesterreicher 1985, 1990) sono prese come punti di riferimento e portano Palermo a sintetizzare che “è possibile immaginare le differenze tra scritto e parlato in maniera non binaria ma scalare: in altre parole un testo, indipendentemente dal canale che impiega, può essere concettualmente più o meno distante dalle caratteristiche pragmatiche tipiche dell’oralità o della scrittura” (Palermo 2018: 56).

[16] Il significato letterale del termine inglese scaffolding (ponteggio, impalcatura) trasmette bene l’idea di “sostegno” per raggiungere un livello di competenza più avanzato di quello attuale. È l’ “appiglio” di cui ci si serve per arrivare a nuove conoscenze linguistiche (Cfr. Vygotsky 1980) e può essere un proprio pari, il docente o la L1.

[17] Secondo la definizione di Berruto, nel code switching si ha una giustapposizione in lingue diverse e il passaggio da una lingua all’altra avviene ai confini di due frasi all’interno dello stesso discorso (Berruto 2009: 11). Nel code mixing, la commutazione da una lingua all’altra avviene all’interno della stessa frase e dà origine a frasi mistilingue (Berruto 2009: 11). Ad ogni modo, come verificabile in vari lavori, la distinzione tra i due codici rappresenta uno degli aspetti più complessi e controversi della linguistica (Cárdenas-Claro e Isharyanti 2009).

[18] Molti autori applicano i due fenomeni ai casi di bilinguismo con bambini, ma essi possono riferirsi a situazioni di apprendimento anche con adulti non bilingue, come segnalato da Cognigni e Garbarino (2018: 656).

[19] 1. Visto che il suffisso -mente è presente sia in italiano che spagnolo, possiamo ipotizzare l’uso di seguramente invece di “sicuramente”, che è il termine corretto in questa frase, pensando che il parlante l’abbia sentito come congruente pur essendo consapevole (o no) della piccola differenza formale dell’aggettivo seguro/sicuro. 2. Ipotizziamo che l’errore sia dovuto alla persistenza della vocale della L1 u e che quindi, invece di “colpa”, si sia utilizzato lo spagnolo culpa. 3. L’apprendente potrebbe aver usato una strategia di “congruenza”, visto che la forma fonologica (permite/”permette”) è molto simile nelle due lingue; supponiamo che l’uso della L1 sia sentito come congruente dall’apprendente, vista la somiglianza tra “impossibile” e il corrispondente lemma della L1, imposible. 4. Invece dell’italiano “credo”, in questo caso si usa di una parola fonologicamente molto simile e con lo stesso significato in L1, creo. 5. In spagnolo, suspender significa “bocciare”, “non superare una prova”, e suspendo vuol dire “non supero”, “sono bocciato”. 6. In spagnolo, barato significa “economico”.

[20] Si parla di transfer positivo quando i due sistemi linguistici coincidono e ciò favorisce l’apprendimento. Nel transfer negativo, invece, i due sistemi divergono, ostacolando quindi l’apprendimento (Palermo 2010).

[21] Nella categoria dei transfer includiamo anche i cosiddetti “falsi amici”, una categoria di parole in cui le analogie formali non corrispondono a quelle semantiche (Calvi 2004: 65).

[22] Il concetto di deceptively transparent words (“ingannevole trasparenza”), coniato da Laufer (1997), definisce le parole di aspetto familiare che l’apprendente crede di sapere ma le cui analogie formali non corrispondono a quelle semantiche.

[23] Le nostre ipotesi al riguardo sono le seguenti: 1. Interferenza della L1 (notas significa “voti”), e uso di note invece di “voti”, con una traduzione letterale del termine e suo trasferimento dalla L1 alla lingua obiettivo. 2. Interferenza dell’inglese excited, usato al posto di “entusiasta”, “emozionato”, che sarebbe il termine appropriato. 3. Nella L1, elección significa “scelta” e qui notiamo la traduzione letterale con tale termine. 4. Interferenza dello spagnolo todo el mundo o del francese tout le monde, che significano entrambi “tutti”. 5. L’interferenza della L1 (in cui pronto significa “presto”) porta alla creazione di un falso amico perché l’apprendente usa una parola esistente sia in lingua target che in L1 ma con significati diversi, la parola giusta sarebbe stata “presto”. 6. Interferenza della L1, con adattamento di ha pasado (in spagnolo significa “è successo”), tradotto letteralmente con “ha passato” al posto di “è successo”, forma corretta in lingua target.

[24] L’adattamento è un fenomeno per cui le parole straniere che entrano a far parte del lessico di un’altra lingua possono subire cambiamenti di tipo fonologico o morfologico, adattandosi alle caratteristiche della lingua ricevente (Bafile 2010).

[25] Le nostre ipotesi sugli ibridismi di questa tipologia sono le seguenti: *cancione combina lo spagnolo canción e “canzone”; *lugari mescola lo spagnolo lugar e “luoghi”, “posti”; *deviamo combina lo spagnolo debemos e “dobbiamo”; *aiudare mescola lo spagnolo aiudar e “aiutare”.

[26] Le nostre ipotesi sugli errori di questo tipo sono le seguenti: *presemplo, mescola lo spagnolo por ejemplo e “per esempio”; *resetta è la combinazione dello spagnolo receta e “ricetta”; *sapeluria combina lo spagnolo sabiduria e “sapere”; *maschiline mescola lo spagnolo masculino e maschile; *columnati, unisce lo spagnolo columnados e colonnati.